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il BLOG dei KYRIE
sabato 11 marzo 2017
VENDITA CD "Lo splendore del mattino che viene"
CI SIAMO !!!
Il cd de "Lo splendore del mattino che viene" è finalmente disponibile. Chiunque volesse ordinarne una copia (al costo di 12€ + spese di spedizione) può inviarci un messaggio in privato su facebook o una mail all'indirizzo kyrie.info@gmail.com con i propri dati.
Un abbraccio.
Il cd de "Lo splendore del mattino che viene" è finalmente disponibile. Chiunque volesse ordinarne una copia (al costo di 12€ + spese di spedizione) può inviarci un messaggio in privato su facebook o una mail all'indirizzo kyrie.info@gmail.com con i propri dati.
Un abbraccio.
Prossimi concerti
• 28 gennaio @ Pantagruel - Casale Mon.to (AL)
• 25 febbraio @ IndispArte - Bergamo
• 01 aprile @ Serraglio - Milano (supporto ai Sad Lovers & Giants)
• 22 aprile @ Pura Vida Social Club - Novellara (RE)
• 28 aprile @ Agorà - Cusano Milanino (MI)
giovedì 20 agosto 2015
Nuove pagine del Blog
Abbiamo aggiunto la sezione "Ascolto in streaming" per poter ascoltare tutte le canzoni de "Le meccaniche del quinto" e de "Lo splendore del mattino che viene".
Inoltre nella sezione "Discografia" sono state inserite le recensioni di questi due album.
Buon ascolto e buona lettura.
Inoltre nella sezione "Discografia" sono state inserite le recensioni di questi due album.
Buon ascolto e buona lettura.
venerdì 10 luglio 2015
Intervista di Luca De Pasquale per il blog "Fumo, inchiostro e basso"
Le meccaniche della passione: intervista ai KYRIE
Non scopro l’America se dico che la
musica di qualità, soprattutto in Italia, segue (o meglio, è costretta a
seguire) percorsi tortuosi, costellati di difficoltà distributive e
promozionali che ormai sono quasi il nostro marchio di fabbrica. Sembra che più
hai talento, più la devi pagare in qualche modo. Sembra forse forzato e
parossistico, ma il potenziale di alcune band è così lampante che viene
naturale chiedersi perché, da certi punti di vista, ci sia un velo su questi
artisti dotati. I Kyrie, nati a Milano nel 1993, sono una band che sarebbe
opportuno scoprire, riscoprire e consolidare. Hanno al loro attivo sei album,
tutti innervati da una cifra stilistica riconoscibile e molto originale. Un
misto di cupa elettricità, sensibilità pop, derive à la Cure (soprattutto agli
esordi), il tutto con un respiro che potremmo definire mitteluropeo ma nel
linguaggio universale e funzionale del rock. Personalmente, li ho incontrati
musicalmente nel 2004, con il loro elegante “Le meccaniche del quinto”, un
lavoro coraggioso e molto suggestivo, denso. All’epoca lavoravo in un negozio
di dischi import, e ricordo quanto fosse garantita la vendita del disco
proponendoli o diffondendoli on air. Dopo un silenzio di otto anni, i Kyrie
sono tornati nel 2012 con il sorprendente “Lo splendore del mattino che viene”,
un album estremamente vario, che offre anche bei momenti acustici ed in
assoluto, rispetto alla prima produzione più nervosa e dark, un’atmosfera
ancora più raffinata e più pop, nell’accezione positiva del termine. Possiamo
dunque dire che i Kyrie sono uno dei migliori segreti della musica italiana
attuale, dove per segreto si può intendere un’entità artistica che ha ancora
molto da dire. Vi invito a procurarvi i loro lavori, che certamente non vi
lasceranno indifferenti; e sono certo colpirà la differenza sostanziale, e cioè
il taglio internazionale della proposta, tra i Kyrie e le tante band italiane
–pur in gamba, magari- che continuano a vagare in quel limbo poco promettente
che è la rielaborazione di modelli esteri o di successo.
Quella che segue è la
chiacchierata/intervista che ho avuto con Piero Sciortino (voce, chitarra,
testi, musiche) e Dario Sangiorgi (basso), con tanto di “incursione” di Roberto
Vidè, il tastierista.
LDP:
Voglio iniziare quest'intervista con un doveroso riconoscimento: reputo i Kyrie
una band davvero interessante, intrigante e anche diversa -in accezione
positiva- da altri gruppi italiani che propongono un discorso simile. Partendo
proprio da questo, vi chiedo una sorta di bilancio, considerato che vi siete
formati nel 1993; dopo vent'anni che siete in gioco potete dichiararvi
soddisfatti di quanto seminato e raccolto?
P:
Innanzitutto grazie. Soddisfatto? Se rispondessi di sì direi una stupidaggine.
E altrettanto se dicessi di no. Mi spiego: quando si parte con il desiderio di
fare musica, comporre, scrivere, suonare in un gruppo, la passione spesso è
bruciante e ciò che normalmente si cerca è di rendere la musica sempre più
presente nelle ore, nei giorni ecc. Quando questo non accade è chiaro che
dispiaccia. Ognuno di noi ha il suo lavoro e la musica, pur se presente o molto
presente, non è certo ciò che ci sostenta e quindi resta nella pratica qualcosa
di periferico anche se, in realtà, parlo per me naturalmente, resta del tutto
centrale e fondamentale nella mia vita. Il fatto che non sia un’occupazione la
fa rimanere una sorta di isola incontaminata in cui è bello trascorrere del
tempo. Un’ isola ancora oggi, come trent’anni fa, piena di sorprese, di
scoperte e di cose che stupiscono. Inoltre sono felice che nel nostro
piccolissimo, abbiamo avuto tante parole di stima sia per i nostri lavori in
studio sia per i concerti.
D: Fa molto
piacere quando a distanza di anni, dal nostro ultimo concerto, qualcuno ci
scrive chiedendoci informazioni sui nostri nuovi progetti in studio o live, con
la speranza di poterci rivedere e risentire. Oppure vedere su Facebook che
qualcuno pubblica una nostra canzone. Questo significa che qualcosa abbiamo
lasciato.
LDP:
Nei vostri dischi convivono armoniosamente rock, new wave, pop raffinato, dark
“illuminato” e molto altro. Inoltre, avete coraggiosamente scelto di esprimervi
in italiano, aggiungendo al tutto una naturale propensione a testi letterari e
pieni di riferimenti artistici non banali. Sappiamo che l'Italia è un paese
ostico, in quanto a ricezione di proposte che rifuggano dal melodico
obbligatorio e da certo semplicismo rock: ritenete che questa vocazione “alta”
abbia pagato quanto poteva?
P: Sia per
quanto riguarda la musica, sia per i testi mi sono sempre sentito libero di
fare esattamente ciò che sentivo. In un gruppo, poi, ti confronti, ascolti gli
altri, percepisci se la direzione di una canzone, ad esempio, va dove avevi
deciso andasse o sperato andasse oppure no. È capitato in passato di rompere un
accordo discografico perché il responsabile dell’etichetta aveva mixato,
manomettendo il pezzo (che tra l’altro era una cover di Battisti per il mensile
Mucchio Selvaggio) su cui avevamo lavorato. E il tutto senza assolutamente
avvertirci. Lo abbiamo scoperto quando il giornale era oramai nelle edicole e
abbiamo ascoltato il lavoro. Dal mio punto di vista è una forma di violenza e
un’azione del tutto irrispettosa. Tornando alla tua domanda, non c’è da parte
mia, o nostra, nessuna vocazione alta. C’è il fatto di sentire in un certo modo
e tentare di fissare questo sentire in una canzone. Quando scrivo cerco
semplicemente di raggiungere un risultato che mi piaccia, in cui mi possa
ritrovare, che dia un senso di compiuto e di bello. Cosa che peraltro dura
poco. Trovo sempre difetti in quello che ho fatto. Mi ci vuole tempo affinché
torni a guardare o ad ascoltare una nostra canzone con la giusta distanza.
All’inizio le canzoni sono come dei figli, le ami, le educhi, ci lavori su,
cerchi di non fargli fare ciò che vogliono loro. Poi appena le registri le
abbandoni come fossero diventate compagne noiose e rompiscatole. Nel tempo, non
sempre accade ma ogni tanto sì, ricompaiono come vecchie foto e le riguardi con
benevolenza. In certi casi non ne senti più i difetti ma solo ciò che c’è di
buono.
LDP:
Dal vostro esordio, “Da lontano” del 1995, all'ultimo “Lo splendore del mattino
che viene” del 2012, la vostra evoluzione è tangibile, secondo un percorso che
appare coerente e naturale. La seducente cupezza dei primi lavori non è
scomparsa, ma nell'ultimo disco c'è un suono più ricco e zeppo di rimandi. Mi
raccontate del vostro cammino creativo e di come si è modificato negli anni?
P: È
difficile rispondere. Una cosa è certa, sia nella musica sia soprattutto nelle
parole si avverte il fatto che ciò che prima ti piaceva, ti seduceva, oggi ti è
abbastanza insopportabile. Questo mi accade soprattutto ascoltando i miei
vecchi testi. Immagini a volte troppo angosciate o angoscianti che sono lontane
mille miglia da ciò che oggi scriverei. A volte mi chiedo chi le abbia scritte.
Oggi certamente non sono più uguale a colui che le scrisse anni e anni fa.
Altre cose invece mi piacciono ancora e riascoltandole penso che non avrei
potuto fare di meglio. Ci sono canzoni come “Lipsia 1933” o “Il dominio delle
frequenze” o “Aggredendo i salici” o “Caffè viennese” che reputo ancora oggi
davvero buone. Da parte mia la ricerca di immagini, sonorità un po’ più
luminose rispetto al passato riflette certamente il modo diverso tramite cui
vedo le cose e me stesso.
LDP:
Una delle qualità dei Kyrie, che emerge al primo ascolto, è la spontaneità
dell'approccio, pur considerando la complessità lirico/musicale. Niente di
studiato a tavolino, nel senso di strizzare l'occhio ad un facile appeal
commerciale. Eppure, il taglio è internazionale: pezzi come “Altrove ed oltre”,
“I 7 rintocchi”, “Ritiro estivo”, “I quadri di Goya” (favoloso), “L'uomo senza
nome” (con un basso espressionista)... non è un risultato da poco mescolare un
sound vicino ai Cure, ma non derivativo, con strutture armoniche europee. Qual
è stato il segreto di quest'alchimia?
P: Non so.
Non c’è davvero nessun segreto. C’è solo l’aver seguito sempre e solo ciò che
mi muoveva, che ci muoveva. Tentare di fare cose di cui saremmo andati
orgogliosi, almeno in buona parte, facendole ascoltare tramite disco o tramite
i live. Tutto qui. Per il resto non so nemmeno come si scriva a tavolino, penso
sia interessante saperlo fare, saper progettare una canzone con lo scopo che
abbia successo. Io non lo so fare. Non lo sappiamo fare. E può essere stato un
limite, certamente.
LDP:
Non soffermandoci troppo su un disco immortale ed irripetibile come
Disintegration dei Cure, che sono certo amate molto (penso a L'aeronauta in
particolare), mi raccontate dei vostri principali debiti musicali? Avete gusti
differenti all'interno della band?
PIERO:
Abbiamo certamente gusti diversi ma, in alcuni casi, similissimi. Io ascolto
molta musica da sempre anche se non per forza mi sento in obbligo di andare
alla ricerca delle nuove cose, tendenze ecc. amo la musica classica da molti
anni ormai. Bach, Mozart, Brahms, Malher, Arvo Part e Gorecki su tutti. Nel pop
o nel rock sopra tutti ci sono i Beatles che restano per me un miracolo di
talento insuperato e secondo me insuperabile. Poi a cascata decine di altri
nomi che amo tantissimo. I Cure, i Led Zeppelin (mentre rispondo alle tue
domande sto ascoltando il loro Phisical Graffiti), i Pink Floyd, Battiato,
l’ultimo De Andrè, Battisti. Oggi il mio gruppo preferito sono i Mogwai e molti
gruppi di così detto post rock mi piacciono molto come Explosion in the sky,
God is an astronaut. Amo infinitamente i Cranes, gli Slowdive ed i Joy division
e mi fermo qui altrimenti me ne vengono in mente altre decine.
ROBERTO: Per me Joy division, Pink Floyd. Come scena rock italiana i Marlene Kuntz e i primi
Diaframma.
DARIO:
Confermando i gusti dei miei soci, ultimamente ascolto molto gli Archive.
LDP:
Lo stato della discografia italiana -e probabilmente del quoziente intellettivo
dei residui discografici italiani- è con tutta probabilità ai minimi storici.
Al riciclarsi di nomi decotti e pompati si è aggiunto il deforme carrozzone dei
talent. I negozi di dischi stanno chiudendo tutti, gli specializzati sono come
i panda e hanno le ore contate. C'è modo di reagire a questo triste ed
inesorabile declino? Perché la morte della musica fisica, del coraggio di
investire in prodotti validi e di sostanza, sono aspetti che vengono definiti
“evoluzione del sistema”. Non si potrebbe parlare piuttosto di involuzione
totale?
P: I talent
non li seguo. Ho seguito la prima edizione di X-Factor e basta. Ogni tanto si
sente qualche nome uscito di lì. Qualcuno ha vero successo qualcuno invece
entra in una specie di tritacarne che più o meno velocemente lo distrugge.
Molti ragazzi vengono illusi, spremuti, usati (anche in buona fede) per un
tempo e poi spente le luci non rimane nulla di nulla. Non è un’evoluzione né
un’involuzione. È semplicemente ciò che è. Si vendono pochi dischi, si cerca di
creare il caso dell’anno, che stupisca, che sappia far breccia e poi si riparte
da capo l’anno dopo. C’è molto da fare in Italia considerando che siamo amati
all’estero per Bocelli o peggio ancora da “ Il volo” o da Allevi.
D: Le case
discografiche ormai investono su pochi progetti e su quelli puntano tutto. Per
gli altri c’è ormai poco spazio e devono quindi arrangiarsi da soli. Per
fortuna adesso ci sono i social web, i digital store con i quali un gruppo può
cominciare a farsi vedere e sentire. Rimpiango il fatto che nel 2003 quando
uscì “Le meccaniche del quinto” non ci fossero ancora questi mezzi, perché ci
avrebbero aiutato sicuramente a crescere.
LDP:
Dopo venti anni e sei lavori, quali sono i piani dei Kyrie per il prossimo
futuro? Pensate che sia possibile fare in modo che alcuni dei vostri dischi
possano essere ristampati? Ho ancora persone che mi chiamano chiedendo se
riesco a procurare altre copie de “Le meccaniche del quinto”, che all'epoca
diffusi massicciamente nel negozio import dove lavoravo...
P: Per chi
fosse interessato a “ Le meccaniche del quinto” il nostro primo disco ufficiale
del 2004, distribuito da Audioglobe, noi ne abbiamo ancora qualche decina di
copie. Dei primi 4 demo ( i primi 3, pensa, erano nati in principio come
musicassette) ogni tanto ne stampavamo qualche copia per i concerti. Ne abbiamo
a malapena copie personali. L’ultimo lavoro “Lo splendore del mattino che
viene” si può acquistare su iTunes, non è mai stato stampato fisicamente.
Resta, almeno per ora, in formato virtuale. A volte penso all’idea di un
cofanetto che racchiuda tutti e sei i lavori. Così, anche solo per noi, per
regalarcelo a Natale. Attualmente stiamo provando per nuovi concerti e credo
entro il 2016 uscirà un nostro nuovo lavoro.
D: Sì,
l’idea di una ristampa di tutti gli album la trovo anch’io una cosa che si
debba fare. Dovremo trovare solo il modo più giusto e non troppo oneroso.
LDP:
Tornando alla scena rock italiana, che idea ne avete? Verso quali colleghi
provate stima? Vi faccio questa domanda, ben sapendo che per i suoni che
proponete il vostro background dev'essere per forza a tutto tondo e non certo
limitato alla scena nostrana. Ma mi incuriosisce cosa vi piace (e cosa vi è
piaciuto) in Italia.
P: In Italia
come dicevo Battiato su tutti ma anche Battisti, i CSI, qualcosa dei Marlene o
degli Afterhours, Benvegnù. Mi piace Carmen Consoli e poi, che so, qualcosa di
Erica Mu.
D: Io
rimango sui classici, come De Andrè, Battiato, Battisti.
LDP:
Una domanda specifica per il bassista Dario Sangiorgi... Dario, questo blog si
occupa pariteticamente di scrittura, rock e basso elettrico, quindi non posso
esimermi dal farti una domanda più approfondita sul tuo stile e sulle tue
influenze. Il basso nei Kyrie ha un ruolo preponderante, molto cupo e solido ma
al contempo scattante, pronto a sorreggere la melodia e la voce di Piero. Quali
bassisti ti hanno maggiormente influenzato? Qual è la tua strumentazione
attuale?
D: Mi piace
un suono definito del basso, per farti un esempio alla Sound (gruppo di Adrian
Borland) o come possono avere anche i Cure. Ovviamente usando il plettro. Trovo che Simon Gallup abbia uno stile fantastico. Al
momento ho due Epiphone Thunderbird (uno classico e uno non-reverse). Sto
pensando ad un Rickenbacker. Me lo regalo quando torneremo a fare il primo
live!
LDP:
Grazie ragazzi...
P: Grazie a
te.
D: Grazie a te, è stato un piacere.
Spero di incontrarti un giorno, magari per un concerto dalle tue parti.
KYRIE DISCOGRAFIA:
Da Lontano 1995
Biennale 1996
mercoledì 20 giugno 2012
E' uscito il nuovo cd “LO SPLENDORE DEL MATTINO CHE VIENE” targato JOST – Digit All e disponibile in tutti gli store digitali.
Tracklist:
1. Lo splendore del mattino che viene
2. Dopo 20 anni
3. Casa
4. Il sagrato di San Lorenzo
5. L’aeronauta
6. Informazioni sparse
7. L’oro inverso
8. Il passo che ascende
9. Il luogo da cui parli
10. Luce d’acqua
11. Quasi estate
12. Conferenza
13. Il tenace soldatino di stagno
14. Il dominio delle frequenze
15. Ildegarda di Bingen
Lo splendore del mattino che viene. Non un concept anche se ne possiede alcune caratteristiche. Il mattino che arriva, un’alba, una luce tenue e colorata che si stende con delicatezza e forza. Nell’intero lavoro si può respirare un’aspirazione: frammenti e passi lungo un cammino che porta dalla confusione alla chiarezza, da un pensiero e un’emozione caotici e melanconici ad un pensiero e un’emozione più puliti e consapevoli. Alla fine ciò che resta d’importante è l’intimità e la ricerca di qualcosa che possa trascendere l’uomo, edificare un uomo nuovo, diverso, più umano. La ricerca della bellezza, di un’alba interiore, un’aurora consurgens come titola uno dei più importanti testi mistici occidentali di Jacob Boheme, a cui affidarsi nell’apparente confusione che la vita, per sviarci, ci pone davanti agli occhi. Occhi troppo disabituati, direbbe Platone, alla luce, avendo vissuto troppi e troppi anni all’ombra in una caverna.
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